la Pietà di San Pietro è una meravigliosa scultura realizzata in marmo dal grande Michelangelo
Buonarroti, che viene oggi conservata nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
Michelangelo, Pietà, 1498-99, marmo, h 174 larghezza 195 profondità 69 cm. Città del
Vaticano, Basilica di San Pietro
La Pietà vaticana fu completata quando Michelangelo era molto giovane, aveva all’incirca 25 anni.
Nel 1497 Michelangelo ricevette dal cardinale Jean Bilhères de Lagraulas l’incarico di scolpire una
Vergine Maria Vestita, con Cristo morto in braccio. La statua era destinata alla cappella di Santa
Petronilla, vicino alla Basilica di San Pietro, dove probabilmente sarebbe stata il
monumento funebre del cardinale. La Pietà fu realizzata da Michelangelo fra il 1498
e il 1499. E’ la seconda opera commissionata dal Vaticano allo scultore
fiorentino. La prima fu il Bacco. Il contratto per la realizzazione dell’opera fu
firmato nel 1498 su commissione del cardinale Bilhères de Lagraulas, abate
di Saint-Denis. Inizialmente l’opera doveva essere posta sopra alla tomba
del cardinale, nella Cappella di Santa Petronilla, vicino alla Basilica di San
Pietro.
Michelangelo, esigente scultore e amante delle materie prime di grande qualità, impiegò nove mesi solo per
scegliere il giusto blocco di marmo e trasportarlo dalle cave di Carrara a Roma. La scultura è stata intagliata in
un unico blocco di marmo bianco e blu che venne estratto eseguendo un profondo taglio nella
cava: “Michelangelus
Bonarotus florent faciebant”.
nello stesso giorno in cui venne installata la scultura nella chiesa di Santa Petronilla, il 6 agosto 1499, Jean
Bilhères morì.
L’iconografia della Pietà, con la Madonna che pare cullare il figlio morto, non era
nuova, perché risaliva all’età gotica. Michelangelo, tuttavia, immaginò questo soggetto,
tipicamente tedesco, con una inedita perfezione di stampo greco e creò un’immagine di
potente ispirazione classicistica. L’opera mostra una bella e giovanissima Vergine, seduta
su una roccia (che allude al Calvario) mentre tiene sulle ginocchia il corpo senza vita di
Gesù: un corpo perfettamente proporzionato, incorrotto, appena segnato dalle piaghe del
supplizio.
La Pietà vaticana è l’unica opera che Michelangelo abbia mai firmato. C’è un episodio narrato dal Vasari,
in cui viene rivelata la ragione di questa firma, che è stata incisa sopra il petto della Vergine. Si narra appunto
che alcuni gentiluomini lombardi stavano ammirando la bellezza della statua della Pietà e, dopo averne tessuto
le lodi, cercarono di identificarne l’autore, convincendosi che fosse opera di un loro conterraneo.
Michelangelo, che aveva ascoltato la discussione, si nascose nella chiesa e di notte intagliò il suo nome sulla
statua.
Nonostante la grande ammirazione per la Pietà, ci furono anche molte critiche riguardanti l’aspetto troppo
giovane del volto della Vergine, che sembra quasi un’adolescente. Questa fu, da parte di Michelangelo,
una scelta consapevole e di natura teologica: la Vergine incorrotta, l’Immacolata Concezione, è il simbolo di
appare più giovane del figlio.
Michelangelo, che aveva studiato con passione la Divina Commedia di Dante Alighieri,
una giovinezza cristallizzata, che non può appassire. La Madonna
pare quasi richiamare la celebre invocazione alla Vergine pronunciata da san Bernardo
nel XXXIII canto del Paradiso: «Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio». Una madre che,
quindi, è prima di tutto figlia. La scultura non vuole insomma evocare il legame familiare
quanto piuttosto incarnare il mistero divino, per il quale Maria è madre pur essendo
vergine, e Gesù (uomo e Dio) è figlio e padre allo stesso tempo e dunque la madre è figlia
di suo figlio. Scegliendo di rappresentare Maria e Gesù come coetanei, Michelangelo
sottrae mirabilmente l’evento di quel miracoloso concepimento alle leggi del mondo e
della natura, confermandone la sacralità.
La statua della Pietà ha un’altra particolarità: il Cristo ha un dente in più. Questo dente è soprannominato “il
dente del peccato” e nelle opere di altri artisti rinascimentali è prerogativa di personaggi negativi. Il Cristo
della Pietà, invece, dovrebbe esserne stato dotato perché, con la sua morte, prende su di sé tutti i peccati del
mondo.
Il 21 maggio del 1972 un geologo ungherese, Laszlo Toth, eluse la sorveglianza della Basilica di San Pietro
e colpì ripetutamente con un martello la Pietà vaticana. Spaccò il braccio sinistro della Vergine e provocò
numerosi danni al volto, staccandone il naso e la palpebra sinistra. L’uomo fu fermato prima che potesse
continuare a infierire sul Cristo. Il 21 maggio 1972, giorno di Pentecoste, un geologo australiano di
origini ungheresi di 34 anni László Tóth, eludendo la sorveglianza, riuscì a colpire con
un martello la Pietà di Michelangelo per quindici volte in un tempo di pochi secondi, al grido di
“I am Jesus Christ, risen from the dead! (“Io sono Gesù Cristo, risorto dalla morte!”), prima che fosse
afferrato e reso inoffensivo. Durante l’estate 1971 si presentò a San Pietro, a Roma, chiedendo
insistentemente di vedere l’allora Papa Paolo VI, affermando d’essere il Cristo in persona: in seguito
a tale comportamento fu bloccato dalle autorità vaticane e rimpatriato in Australia, venendo
schedato quale “persona indesiderabile”. Secondo l’articolo pubblicato da L’Unità, invece, Tóth
rimase in Italia per 10 mesi prima di compiere il vandalismo. con una mazzuola pesante circa 5 chili
colpì dapprima il capo della Madonna e poi, più volte, il volto e le braccia, lasciando però integra la
figura del Cristo. Nel far questo, gridò, in lingua italiana: «Cristo è risorto! Io sono il Cristo!». Venne
poi fermato da un vigile, Marco Ottaggio, con l’ausilio di altri sorveglianti, e portato via, sottratto
all’iraconda folla che intendeva percuoterlo.
Ci fu un lungo dibattito in Vaticano riguardo al tipo di restauro da effettuare: molti suggerivano di lasciare il
volto della Madonna sfigurato, come testimonianza di un’epoca dominata dalla violenza; altri preferivano un
restauro critico, in cui venissero messe in evidenza le parti mancanti o rifatte. Alla fine, fu presa in
considerazione e messa in atto la proposta del restauro integrale. Si concluse, che anche la più piccola
imperfezione nella scultura perfetta della Pietà di Michelangelo Buonarroti sarebbe stata intollerabile.
La Pietà subì dei danni molto seri, soprattutto sulla Vergine: i colpi di martello avevano staccato una
cinquantina di frammenti, spaccando il braccio sinistro e frantumando il gomito, mentre sul volto il
naso era stato quasi distrutto, come anche le palpebre. Il restauro venne avviato quasi subito, dopo
una fase di studio, e fu effettuato riutilizzando per quanto possibile i frammenti originali, oltre che
un impasto a base di colla e polvere di marmo. Fu effettuato nei vicini laboratori dei Musei Vaticani,
sotto la responsabilità del direttore Deoclecio Redig de Campos e, grazie all’esistenza di numerosi
calchi, fu possibile reintegrare l’opera fedelmente, senza rifacimenti arbitrari delle lacune.
E aveva ragione Vasari a scrivere, nel Cinquecento: «certo è un miracolo che un sasso da
principio senza forma nessuna, si sia mai ridotto a quella perfezione che la natura a fatica
suol formare nella carne». Un miracolo che pochi artisti possono compiere. Ma, d’altro
canto, Michelangelo non è stato da sempre definito “divino”?